Il modo in cui la famiglia si organizza in funzione di un problema e della soluzione adottata non è sempre funzionale alla risoluzione del problema stesso e al benessere delle persone.
Il disturbo è spesso una conseguenza dei modelli di comunicazione e diventa l’unica risposta a un contesto di comunicazione patologico.
Di conseguenza con la terapia familiare si può offrire aiuto e sostegno alla famiglia nell’affrontare precocemente situazioni disfunzionali ed evitare la cronicizzazione del problema, consentendo spesso anche di evitare l’instaurarsi di una condizione patologica di uno dei membri o della famiglia stessa. Si possono favorire modalità di comunicazione più adattive e funzionali, comprendere conflitti e incomprensioni che possono insorgere tra membri della famiglia, cercando di portare il sistema familiare verso un equilibrio differente e maggiormente stabile.
Il terapeuta agisce in terapia come l’osservatore del gioco degli scacchi: dall’osservazione della famiglia in attività cerca di fissare le regole che sono alla base del suo funzionamento, ossia identificare i modelli di comunicazione e ricercare i significati, le cause nel passato, le motivazioni in quel particolare gioco comunicativo.
Andare nel passato significa anche ricostruire la storia di quella famiglia attraverso le generazioni e ricostruire la trasmissione intergenerazionale del trauma.
La storia dell’individuo è sempre una storia familiare e intergenerazionale.
I limiti personali che impediscono di procedere in autonomia verso il proprio cammino evolutivo nel momento attuale, sono connessi alle modalità relazionali apprese nella propria famiglia d’origine: rispondere ai bisogni più impellenti dei propri genitori, aderire a triangolazioni negative includenti, escludenti, protettive, accettare mandati ossia compiti, ruoli e aspettative che ogni membro è chiamato a ricoprire e soddisfare per garantire l’identità della famiglia, ma che di fatto rappresentano un vincolo che impedisce l’autonomia.
A volte si è così dentro che non si riesce a riconoscere ciò che accade.
Guardare alla propria storia familiare, anche con la voce di chi era realmente presente e l’ha convissuta, consente di fare come il grande matematico Archimede che esclamò “Eureka!” quando, entrando in una vasca da bagno, notò che il livello dell'acqua era salito. Osservando l'accaduto capì che il volume dell'acqua spostato era uguale alla parte del suo corpo immersa nell'acqua.
Il momento eureka è proprio quel momento in cui una persona realizza o risolve qualcosa.
Se il passato è passato e la storia non si può cambiare, la si può Ri-narrare dandosi l’opportunità di comprenderla più compiutamente.
Dr.ssa Valentina Rea
Psicologa Psicoterapeuta
a Pomigliano d’Arco (NA) e Napoli